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Quentin Tarantino

di Boris Sollazzo

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Quentin Tarantino (Lapresse)

Cosa dire di Quentin Tarantino che non si sia già detto? Intanto che è un grande regista anche se fa di tutto per non mostrarlo. Provocatore senza voler essere anticonformista (reato mortale per i critici che codificano la ribellione), con una cultura trash-pop oceanica, abilità nel coniugare musica e immagini assolutamente rara e, infine, un rapporto sessuale con la sua macchina da presa- e anche un filo feticista, Grindhouse- A prova di morte e i piedi di Rosario Dawson sono lì a dimostrarlo- e sensuale, sia pur platonico, con le sue attrici, che rende belle e particolari come nessun altro. Prendete Uma Thurman (che ancora oggi benedice la tutina gialla dei due Kill Bill). Nei magnifici sette di Cannes Tarantino c’è di diritto, visto che quando è approdato qui ha saputo fare una mezza rivoluzione. Applaudito con il suo capolavoro Le iene nel 1992, ha fatto bottino pieno stravincendo la Palma d’oro due anni dopo con il cult Pulp Fiction, che poi avrà sette nomination all’oscar e la statuetta per la miglior sceneggiatura, insieme a Roger Avary, l’uomo con cui ha diviso i primi successi e il video-noleggio (erano commessi, alla Be kind rewind, di una videoteca) in cui ha sviluppato la sua cultura cinematografica parossistica, onnisciente, onnivora e assolutamente schizofrenica. I suoi miti sono i poliziotteschi, i registi dell’Italia sexy e commediante dei ’70 (da Corbucci a Martino, ma soprattutto il filone horror e di genere, da Fulci a Di Leo passando per Deodato), e, quando si impegna, Sergio Leone di cui spesso mutua l’ossessione per le musiche e per le scene ironico-epiche. Dialoghi deliranti, logorroici e geniali, flashback selvaggi, culto dell’immagine e delle parole spesso oltre la funzionalità della storia, una capacità di fare del meltin’pop uno stile da falso d’autore. Perché lo dice proprio Quentin citando Stravinskij, “i grandi non copiano, rubano”. Ne ha fatta di strada l’autore della sceneggiatura (rinnegata perché rimaneggiata troppo da Oliver Stone) di Assassini nati, e ricorda così tanto la polvere che la sua factory, cerchia di amici-sodali-colleghi trova in lui sempre un padrino generoso. Dal fratello minore Robert Rodriguez (che dirigerà Dal tramonto all’alba, scritto da Quentin nel ’90) all’Eli Roth del disturbato e disturbante Hostel. Dopo il grande successo- a Cannes, da presidente di giuria, darà anche la Palma “rivoluzionaria” a Michael Moore- arriva nel ’95 il film collettivo Four Rooms, interessante ma incompiuto, anche se il suo episodio L’uomo di Hollywood, omaggio a Hitchcock “passando” per la nouvelle vague, è una chicca niente male. Nel 1997 arriva la sua opera forse più matura, completa, potente e, però, incredibilmente sottovalutata: Jackie Brown, in cui rinuncia ai suoi eccessi, rende omaggio all’idolo della sua giovinezza Pam Grier, e mostra a tutti che può essere un maestro, e non solo un allievo. Passano sei anni, in cui si dedica saltuariamente al teatro di Broadway e a comparsate in serial cult come CSI e Alias, da regista e/o attore, poi arriva Kill Bill, il film più amato e odiato della sua cinematografia. Vol. 1 e 2 sono la summa artistica e estetica del suo talento e dei suoi gusti, un atto d’amore verso Leone, Honk Kong, la musica (Rodriguez scrive alcune musiche per il compenso simbolico di 1 dollaro, Tarantino per ringraziarlo girerà una scena di Sin City), Uma Thurman (nasce, il film, come regalo per il 30° compleanno della splendida attrice). Un carnevale sensuale e rutilante, che irrita alcuni e manda in estasi altri. E in fondo, anche se in tono minore, vale lo stesso per Grindhouse (2007), doppio slasher omaggio ai b-movies anni ’70 che giravano l’America con copie malridotte (graffiate e tagliate male), dittico a firma Rodriguez-Tarantino, in cui il nostro dirige A prova di morte, con il misogino Stuntman Mike (Kurt Russell), il trio “meraviglia” formato prima da Sidney Tamiia Poitier, Vanessa Ferlito e Jordan Ladd, poi  il poker composto da Zoe Bell, Rosario Dawson, Tracie Thoms e Mary Elizabeth Winstead. Queste magnifiche sette, peraltro, sono la summa femminile del gusto tarantiniano. Ora tocca al progetto che ha in carniere da almeno un decennio, grandioso e strano film di guerra che vedrà un Brad Pitt dal baffo improbabile, Inglorious Basterds. A giudicare dalle prime immagini, ci sarà da divertirsi.

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